Nell’anno che da più parti viene definito potenzialmente come il più caldo degli ultimi due secoli, gli Stati Uniti orientali stanno vivendo nell’ultima settimana un periodo eccezionalmente freddo, caratterizzato da intense irruzioni fredde che stanno spaccando l’intero nord-America in due (come ci mostra la carta relativa alle anomalie termiche degli ultimi 7 giorni)
Nel Vermont, sul Mount Mansfield 1330 metri, è caduta la neve, ed è solamente la quarta volta dal 1954 ad oggi che si verifica tale evento.
Nei prossimi giorni la situazione è destinata a peggiorare con una nuova intensa irruzione fredda che colpirà in un primo momento l’estremo nord-est degli States con anomalie termiche comprese tra i 10 ed i 12°C in meno rispetto alla norma con isoterme a quota 850 hPa (1500 metri circa) che potrebbero raggiungere i -2/-3 °C.
Successivamente il freddo potrebbe dilagare, con una successiva colata anche sugli Stati Uniti occidentali.
Quel che sembra evincersi, dopo la fase eccezionale di El Niño dei mesi scorsi, ormai definitivamente esaurita, è un progressivo raffreddamento particolarmente incisivo sul Canada e Stati Uniti.
Se vi possano essere legami fra i due eventi non è chiaro ma quel che è certo è che, in chiave riscaldamento globale, non si può non tener conto di eventi freddi di questa portata che sembrano andare in controtendenza rispetto alle previsioni in alcuni casi catastrofiche, spesso annunciate.
Articolo di Stefano Albanese
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